SILVIO ZOCCA E ROSANNA – VICENZA
Silvio racconta perché e quando decise, assieme a Rosanna di partire per il Cile.
“Erano alcuni anni che facevamo le ferie in inverno. Avevamo cambiato lavoro, prima eravamo, Rosanna ed io, entrambi dipendenti di due aziende che come quasi la totalità delle aziende italiane chiudeva per ferie in agosto.
Nel luglio del 2000 avevamo aperto un’osteria sui colli vicentini, un’osteria un po’ particolare con musica dal vivo nei fine settimana e cene a tema, vegetariane, equo solidali, di nazioni e culture diverse.
Questa nostra attività ci aveva reso possibile scegliere un periodo di ferie fuori dei periodi canonici, così abbiamo cominciato a conoscere il Centro America, il Guatemala, il Chiapas, l’Honduras.
Ora volevamo vedere di più. I libri di Chatwin e di Coloane ci facevano sognare questi posti, ci facevano sognare il Sud del Cile.
Era il 7 gennaio 2004 che il nostro aereo atterrava all’aeroporto Merino Benitez di Santiago, avevamo abbandonato un inverno freddo che ci aveva portato già la neve per giungere nel bel mezzo di un’estate antartica.
Come tutti i turisti di questo mondo volevamo vedere, vedere tutto. Dopo alcuni giorni passati a Santiago siamo partiti per il nord, La Serena e poi il deserto di Atacama, con i suoi fiori ed i suoi geiger, posti bellissimi, ma decisamente troppo fuori della mia visione del mondo, dove la natura anzi, dove il verde della natura è dominante. Ci siamo ritrovati a desiderare il verde degli alberi, l’acqua dei fiumi, le cascate, ed allora, siamo partiti per il Sud.
Chillan, Temuco, Osorno, arrivati alla Regione dei Laghi ci siamo fermati, il nostro desiderio di verde e natura veniva finalmente soddisfatto, le Ande, il lago Ranco, il Llanquihue, posti bellissimi con cascate, fiumi, foreste, alberi immensi.
La voglia di scoprire ci ha fatto scendere ancora più a sud, volevamo vedere Chiloé, curiosi di come lo descrivono Coloane e la Serrano nei loro libri.
Chioé è stata una magia, ci ha sorpreso innanzitutto il suo panorama, l’inserimento quasi magico di queste colline nel mare, questi prati, verdissimi, che arrivano fin sulla riva del mare, prati punteggiati da pecore bianche ed interrotti da boschi che nelle aree antropizzate non sono maestosi come le foreste vergini della cordigliera andina ma che contengono tutti i presupposti per diventarlo, non so, come fossero piccoli di foreste che aspettassero solo di crescere.
Questo è quello che ti colpisce di Chiloé, poi, con il tempo e la calma arriva la gente. Il primo incontro che fa il turista è con la guida, noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere Doris Millan, una guida di origini Williche che più che per lavoro il mestiere di guida lo fa perché ama la sua Isola e cerca in tutti i modi di trasmettere questo amore alla gente così da poter difendere questo posto magico dagli assalti delle multinazionali.
E’ stato in parte anche merito suo se abbiamo eletto Chiloé come nostra futura dimora.
Era da qualche anno che si pensava di dare una svolta alla nostra vita, tutti dicono di voler cambiare, di essere stanchi dello stress che la nostra civiltà produttrice di beni e consumi ci impone.
Noi abbiamo deciso di fare il passo, conosciuto Chiloé abbiamo deciso di provare a rinnovare la nostra vita partendo da qui. Rinnovamento, spirito di rifondazione, sfida, ricerca. Difficile elencare i motivi di questa scelta, si parte e basta, una spinta interiore ti dice che quella è la via, come un’esigenza, un bisogno.
Nel giro di un paio d’anni abbiamo ceduto l’osteria e siamo partiti per una vacanza lunga, una vacanza di esplorazione. Ci eravamo prefissati tre mesi di prova per vedere come rispondevamo alla lontananza, sia fisica che culturale, la distanza dagli affetti avrebbe provocato crisi e depressioni? La mancanza dei cibi e delle routine tipiche delle nostre città avrebbe provocato irreparabili crisi di rigetto?
Niente di tutto questo, dopo un po’ di tempo trascorso ad esplorare luoghi e persone, ci siamo dedicati con più convinzione che mai alla ricerca di un terreno adatto alle nostre possibilità economiche ed al tempo stesso un terreno che poteva raccogliere il germe di questa nuova vita che stava nascendo.
Sempre accompagnati da Doris, che oramai non era più una guida, ma la nostra grandissima amica (era diventata colei che ci connetteva con la cultura e con la gente dell’Isola), siamo andati a trovare una signora anziana di Aldachildo un piccolo paese dell’Isola di Lemuy e trascorrendo il pomeriggio attorno alla stufa bevendo mate siamo venuti a conoscenza che una signora forse ancora più anziana vendeva un campo nelle vicinanze.
E’ come se ci fosse suonato un campanello, lo stesso pomeriggio siamo andati a vedere la proprietà, un posto bellissimo equamente ripartito tra bosco e prato, con al centro un castagno pluricentenario. Il posto adatto per il seme, il posto adatto per la nostra casa.
Eravamo così presi dalla foga di progetti per la casa, valutare le attività che si potevano sviluppare, le possibilità che questa isola dava, le sue attrattive, che non avevamo nessuna aspettativa, ciò non significa che non avevamo sogni o progetti, ma che non ci aspettavamo niente di preciso.
Giorno per giorno stiamo conoscendo il mondo nuovo che ci circonda, della natura stiamo imparando i nomi degli alberi, degli uccelli, degli animali che ci vengono a trovare, del luogo la toponomastica, con il suo significato, ogni luogo deve il nome ad una particolarità, per esempio Aldachildo in mapugundun che è l’antica lingua dei Williche significa luogo dove cresce rigoglioso.
Giorno per giorno stiamo scoprendo, e per noi è la cosa più importante, i nostri vicini, le persone che ci circondano, con cui abbiamo rapporti sia di lavoro che di amicizia.
Non è che tutto sia bellissimo, tra queste persone ve ne sono alcune che tentano di approfittarsi di te, che ti credono ricco e quindi da sfruttare, o che pensano di essere un palmo sopra di te, ma queste persone non sono che una piccola parte facilmente riconoscibile. La maggioranza si avvicina a te con fare aperto e cordiale, proponendosi come sono, senza cercare di assomigliare a nessun altro. Siamo molto contenti dei rapporti umani finora instaurati, un po’ d’attenzione è sufficiente per sfuggire ai falsi consiglieri, amici, collaboratori che ti si avvicinano.
Altro aspetto importante è la natura, se si guarda con occhio poco attento si ha l’impressione che qui sia selvaggia, indomita e per questo invincibile, ma guardando attentamente ci si accorge dei continui attentati cui l’uomo la sottopone.
Il continuo sfruttamento delle foreste con l’estrazione incontrollata di legname pregiato, il rimboschimento con specie non autoctone, vedi l’eucalipto, che nella fattispecie impoverisce e acidifica il suolo rendendolo improduttivo. Nel mare abbiamo un allevamento intensivo del salmone con il conseguente inquinamento dovuto a tonnellate di cibo non ingerito, tonnellate di escrementi, antibiotici, residui di lavorazione.
Negli agglomerati urbani si nota la mancanza di coscienza civica che ti impone di non gettare le carte per terra, bottiglie, barattoli. Siamo stati testimoni dell’assenza della municipalità nel ritiro dei rifiuti, della mancanza di rispetto di leggi nazionali e quindi del conseguente inquinamento di fiumi da parte di industrie poco rispettose dell’ambiente. Insomma questa natura che sembra infinita, invincibile, è in realtà un mondo fragile ed estremamente bisognoso di cure e attenzioni. Così come, vivendoci, veniamo a conoscenza di questi problemi, altrettanto scopriamo gruppi di persone che difendono questo nostro bene universale, persone che cercano di trasmettere il loro amore per la natura ai ragazzini, che li educano per un mondo più pulito, che cercano di preservare la biodiversità del bosco, “riforestando”, incentivando agricolture di prodotti autoctoni, come la patata con le sue 283 specie differenti, persone che creano parchi per salvaguardare le foreste non ancora sfruttate dall’uomo. Il primo anno che abbiamo vissuto in Cile avevamo la visa soggetta al contratto di lavoro, la documentazione in questo caso è stata semplice e veloce, ora però abbiamo intenzione di richiedere la visa come investitori, dovremmo presentare documentazioni bancarie che dimostrano la nostra indipendenza economica.
Nel caso specifico non conosciamo l’iter burocratico e quindi non possiamo emettere alcun giudizio.
Il Cile è la somma di numerose culture, ci sono comunità tedesche, italiane, slave, non è difficile incontrare persone che abbiano cognomi che ti ricordano il paese da cui provieni. Tutto ciò si ritrova nella cucina, con qualche limitazione si possono benissimo cucinare piatti di casa nostra, vedi il baccalà alla vicentina, per il resto non si incontrano difficoltà insormontabili specialmente se si ha la fortuna di avere al tuo fianco una cuoca di prim’ordine, che sa arrangiare e modificare le ricette adattandole agli ingredienti che si incontrano.
Anche i valori risentono di questa mescolanza di culture e radici. Ed è anche per questo motivo che abbiamo scelto di vivere a Chiloé, non essendo mai stata “massivamente” colonizzata la grande maggioranza dei suoi abitanti è di origini Williche o Mapuc.”
Tratto dal libro “Destinazione Cile” di Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato ai Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo, in partenariato con l’Associazione Veneta del Cile e l’Associazioni Imprenditori Veneti in Cile. (Tipografia Grafica Corma – Grisignano di Zocco, Vicenza. Maggio 2008)