SANDRO GIACOMO REGHELLIN – Schio – Vicenza
Un ragazzo tutto d’un pezzo e con la maglietta della Ferrari. Tiene per mano la splendida moglie che segue con lui le sue passioni. Inizia a raccontarci. “Sono nato a Lima nel luglio del 1969. Mio padre invece, Nereo Reghellin, nacque a Schio, in provincia di Vicenza nel ’32. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, mio nonno,
Giovanni Reghellin lavorava al Lanificio Rossi. Un giorno, gli dissero che se voleva continuare a lavorare lì, doveva “prendere la tessera dei comunisti”. Lui non ne volle sapere e infatti venne licenziato in tronco. Così cominciò a guardarsi intorno e vide la pubblicità del Sud America. Prese accordi per un lavoro in Venezuela come meccanico per le macchine utensili. Mio nonno partì assieme a mio padre che allora, negli anni ’50, aveva 18 anni. Partirono con la nave Amerigo Vespucci, destinazione Venezuela. Quando arrivarono, si accorsero che il contratto di lavoro che avevano in tasca non era per il Venezuela, ma per il Perù. Non si persero d’animo, anzi presero il primo volo per il Perù e si presentarono al posto di lavoro assegnato dal contratto. Lima, nell’azienda Santa Catalina. Un’azienda tessile appunto, almeno questo corrispondeva. Dopo circa due mesi che lavoravano nell’azienda e le cose cominciavano ad andare bene, chiesero alle autorità competenti se potevano far arrivare anche la nonna Oliva e la zia Maria, sorella più piccola di mio padre. Due mesi dopo sbarcarono Lima. La famiglia Reghellin ora era al completo. Anche se per la verità la mia storia è un po’ più triste. La mia vera nonna, Maria Cencherle morì dando alla luce mio padre, ma durante l’agonia, prima di morire, chiese aiuto alla sorella Oliva e le fece promettere di prendersi cura della sua famiglia e di quel bambino appena nato. Fu così che mio nonno sposò la cognata ed in seguito ebbero anche un’altra figlia, la zia Maria. Lei è ancora viva ed abita a Lonigo in provincia di Vicenza. Purtroppo la nonna Oliva è mancata nel ’98. Comunque nel mio cuore la nonna che io sento è Oliva.
Ma tornando all’emigrazione, mio padre e mio nonno continuarono a lavorare entrambi nella stessa ditta. Mio papà iniziò a conoscere qualche ragazza soprattutto Rosalia Gomez, una donna peruviana, lo attraeva particolarmente. Rimasero fidanzati per ben otto anni. Fino a quando nel ’59 decisero di sposarsi. Tra l’altro, nel ’58 era mancata una colonna della famiglia, mio nonno.
Uno degli aneddoti che mi raccontavano di mio nonno era che durante la pausa pranzo, andavano a mangiare nella mensa DOPO LAVORO, dove si trovavano tutti gli italiani. C’era appeso un cartello che diceva: “Chi riesce a mangiare una chilo di pasta e bere tutta una bottiglia di vino non paga.” Mio nonno era un uomo di quasi due metri e pesava centoquaranta chili. Riusciva tutti i giorni a mangiare gratis. Non solo, ma alcuni giorni che aveva più fame del solito finiva il pranzo con un panino al salame. Un altro aneddoto curioso sulla vita di mio nonno è quando il medico gli disse che aveva problemi di salute, gli proibì il vino, consigliandogli di bere latte. Lui gli rispose che avrebbe bevuto latte nel momento in cui le mucche avrebbero mangiato l’uva.
Ma tornando a me, quando compii diciotto anni decisi di andare in Italia a fare il militare. Avevo uno spirito avventuriero. Mio padre non era assolutamente d’accordo. Lui sapeva cos’era la guerra, l’aveva vissuta. Cercò in tutti i modi di farmi cambiare idea, ma io non lo ascoltai. Nel 1988 partii dal Perù ed andai a casa di mia zia Maria, in Veneto. Lei nel frattempo si era sposata con un peruviano ma erano ritornati in Italia a Lonigo. Iniziai a preparare i documenti per fare il militare. Visto che avevo la doppia cittadinanza mi chiesero di fare un colloquio e mi arruolarono nel corpo dei Bersaglieri. Io sinceramente avevo chiesto di entrare negli Alpini. Mi avevano sempre attratto perché mio padre non si separava mai, in Perù, da un libro fotografico degli alpini che scalavano le montagne. Quando arrivai in caserma mi misero in cucina, onestamente non lo so perché, visto che non sapevo neanche friggere un uovo. Comunque mi appassionai talmente che decisi di fare il cuoco di professione.
Dopo un po’ ebbi problemi di salute e venni congedato. Ritornai in Perù, dalla mia famiglia, dove studiai nel ramo della pubblicità e presi il diploma. Nel ’93 ritornai in Italia, andai a Viterbo da amici e trovai un lavoro in cucina come aiuto cuoco, ci rimasi un anno. In quel periodo feci Italia Perù, molte volte, lavorando sempre in cucina. Nel 2003 frequentai la scuola Enaip di Bassano del Grappa e conseguii la qualifica di cuoco. Da allora ho sempre lavorato in ristoranti rinomati in Italia. Al Castello Superiore di Marostica, La Darsena di San Remo e prima di ritornare in Perù ho lavorato come chef del ristorante Antonietta nella piazza dei Miracoli di fronte alla Torre di Pisa. Nel 2006 sono ritornato in Perù ed ho lavorato come chef al ristorante Fiamma a Lima ed ora dal 2007 sono insegnate di cucina alla prestigiosa Università San Ignazio di Loyola, alla facoltà di Gastronomia e scuola di Chef.
Il mio piatto preferito è il risotto con i funghi. Fra un po’ vorrei ritornare in Italia con mia moglie Grethel, che ho sposato due anni fa, farle conoscere i luoghi dei miei parenti, la strada dei Reghellin.
Sono veramente orgoglioso di sapere che i veneti in Italia sono considerati come grandi lavoratori, l’ho provato sulla mia pelle. Vorrei concludere con un detto che negli anni ho fatto mio: tutto quello che cresce lì, cresce meglio.
[1] Escuela de Chefs, Universidad San Ignacio de Loyola, http://www.usil.edu.pe/4/modulos/JER/JER_Interna.aspx?ARE=4&PFL=0&JER=941
Tratto dal libro “Destinazione Perù” degli autori Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo (Camisano Vicentino (Vicenza), Tipografia Ga.Bo, Marzo 2010).