FRANCESCO ANDRIGHETTI – BELLUNO
I fratelli Andrighetti, nati a Fonzaso in provincia di Belluno, avevano studiato in seminario e uno dei fratelli era stato mandato in Cile. Giuseppe Andrighetti, nato 18 giugno 1898, stava ancora studiando quando, durante la prima guerra mondiale, morirono tutti gli undici fratelli e fu allora che decise, di non continuare gli studi e di sposarsi con Natalia Marsiglio. In Italia nacquero due figli e, durante l’epoca di Mussolini, decise di emigrare all’estero. In un primo momento emigrò in Svizzera, ma poi decise di andare in Cile perché lì c’era già suo fratello. Dopo tre anni, nel 1930, lo raggiunse la moglie con i due figli. Giuseppe Andrighetti e moglie arrivarono in Cile all’età di quarant’anni, ma non riuscirono mai ad abituarsi al nuovo Paese, tanto che era loro intenzione ritornare in Italia. Tuttavia, in seguito al matrimonio del figlio, non poterono tornare perché in Italia avevano solo qualche lontano parente.
Dopo la loro morte, il figlio vendette la casa di Fonzaso e così riuscì a tornare in Italia.
Francesco Andrighetti ci accoglie nella sua azienda. Si respira nell’aria il grande costruttore. Un uomo che ha faticato tanto, che non si è perso d’animo durante le peripezie della vita e felice che il destino gli abbia donato una moglie splendida e tredici figli. Comincia a raccontarci la sua vita, in italiano, con qualche parola o modo di dire tipici del dialetto bellunese. I ricordi nitidi, impressi nella mente di un uomo tutto d’un pezzo, si srotolano in una precisione quasi surreale. Sembra di assistere allo scorrere di una pellicola in bianco e nero che man mano comincia a prendere colore. Le emozioni ritornano a far palpitare forte il cuore e qualche goccia di sudore, ogni tanto scende dalla fronte. Ha fatto molti affari durante la sua vita ora sta raccogliendo in un cesto i momenti più significativi e salienti da tramandare.
Nacque l’11 luglio del 1923 a Fonzaso, vicino Feltre, in provincia di Belluno. Inizia dalla sua adolescenza. “Mi ricordo che tiravo giù i pantaloni per far vedere che ero grasso! Ho frequentato la scuola elementare di Fonzaso, c’era suor Camilla, ci sono rimasto circa per 2 anni. Mio padre finì in prigione perché era antifascista. Poi andò in Francia e da lì scrisse ad un fratello sacerdote che era in Cile. Fu così che dalla Francia venne in Cile nel 1927. Dopo tre anni, nel 1930, lo raggiungemmo anche noi, mia mamma, mia sorella ed io che avevo 6 anni e mezzo. Papà qui cominciò ad insegnare la lingua italiana, ma poi fece anche il ragioniere. Nel 1937 la nostra famiglia fu colpita da un grande dolore. Mia sorella morì di tifo. All’epoca non c’erano medicine. Ci stabilimmo in una casa che mio padre aveva affittato, casa per modo di dire, visto che aveva solo una stanza. Noi avevamo portato da Fonzaso 5 bauli, in cui c’era dentro tutto quello che avevamo. Quelli facevano da arredamento, ci sedevamo sopra e il baule posto al centro fungeva da tavolo.
I primi anni frequentai il Collegio Salesiano fino alla maturità, “liceo generale” poi andai al politecnico universitario a studiare ingegneria civile. Ma non riuscii a finire l’università perché mi innamorai perdutamente della splendida donna che poi sarebbe diventata mia moglie e la madre dei nostri 13 figli: Ines, di discendenza spagnola e tedesca. Ci sposammo nel 1944. Lasciai l’università e l’unica cosa che sapevo fare era l’autista. Lavorai per dieci anni come camionista. Nel ’45 avevamo già la prima figlia. Dopo ne nacquero altri 12, nel ‘66 l’ultimo. Mi stufai di fare il camionista e siccome avevo bisogno di guadagnare di più, visto che la famiglia si ingrandiva, mi venne l’idea, trasportando materiale edilizio, di cominciare con un’azienda di mattoni. Iniziai subito alla grande e costruii la più grande fabbrica di mattoni del Cile degli anni ‘50. Avevo più di 200 operai.
I mattoni si facevano a mano. Abbiamo fatto milioni di mattoni e li vendevamo ai grossisti. L’azienda continuò per dieci anni e gli affari andavano bene. Poi la situazione politica cambiò, quando c’era al potere Carlos Ibáñez del Campo e circa nel 1955 si fermò l’edilizia a causa di una grave crisi economica. Vista la mala parata smisi di fare mattoni perché il prezzo era crollato, e mi ritrovai con più di 5 milioni di mattoni invenduti in magazzino. Sul mercato il prezzo era più basso del prezzo di costo. Senza perdermi d’animo pensai a qualcos’altro e mi venne in mente l’idea di “buttarmi” sulla farina di pesce. Ma poi, nel 1958 iniziai e costruire appartamenti in Providencia. Costruii 16 appartamenti in Calle Pedro de Valdivia Norde. Nel 1959 salì al potere Alessandri, di origini italiane, fece approvare una legge speciale con la quale dette impulso all’edilizia. Visto che durante la crisi nessuno aveva più prodotto mattoni, io mi ritrovai con un tesoro tra le mani e così vendetti i cinque milioni di mattoni ad un prezzo esorbitante visto che erano quasi gli unici sul mercato. Grazie a questa operazione mi sono consolidato economicamente.
Nel 1960 per la prima volta ritornai a Fonzaso con mia moglie. Rimasi in Europa per quattro mesi. Cercavo un’azienda per costruire lampadine, ma non trovai l’aggancio. Quando ritornammo in Cile comperai 300mila metri quadri di terra e costruii un quartiere, l’ho urbanizzato. In tutto 1276 lotti di terreno, con acqua, luce, insomma tutti i servizi e l’ho chiamato Villa Italia. Ho costruito anche una scuola all’interno e l’ho regalata allo Stato così potevano andare a scuola tutti. La scuola l’ho chiamata Scuola Italia e ora ospita più di mille alunni. L’azienda con la quale costruivo era la Sociedad Constructora de Vivienda Económicas América Limitada con circa 60 operai. Poi ho comperato un altro lotto di 60 ettari dove ho costruito 450 case e l’ho chiamato Villa California, per sfruttare l’immagine commerciale.
Quando salì al potere Allende cominciò a tirare un’aria diversa. Misi un annuncio sul giornale Mercurio dove dicevo che la mia azienda stava per iniziare la costruzione di 450 abitazioni, anche se le avevo già cominciate sei mesi prima, dando fiducia al Cile. Confiamos en Chile dichiarava lo slogan e Allende stesso durante un incontro pubblico mostrò il giornale con il mio inserto e disse: “Ci sono ancora cileni patriottici”.
Nove giorni dopo dell’insediamento di Allende mi espropriarono tutto! Avevo il terreno con 250 case già costruite. Quando venni a sapere che i gruppi di “socialisti” occupavano le case che trovavano già fatte e vuote, io cominciai a lavare porte, finestre, lavandini, bagni perché non fossero appetibili. La cosa funzionò, per fortuna. Ma il terreno mi fu confiscato. Cercai in tutti i modi di riaverlo, ma non ci fu niente a fare. Per mangiare c’erano le quote e c’era una quota unica per famiglia, ma noi eravamo in 15 con un pollo e un po’ di pane! Comunque riuscivamo a comperare il cibo che ci serviva al mercato nero, si trovava soprattutto carne di cavallo.
Pensai di emigrare e andai per un po’ di tempo negli Stati Uniti poi in Australia a Sidney e Melburne e nel 1973 in Ecuador. In Cile l’11 settembre 1973 ci fu il golpe, il pronunciamento militare, Allende si uccise, così decisi di rimanere in Cile. Dopo un periodo potei riprendermi quello che mi avevano espropriato, grazie ad una legge ad hoc. Dopo varie esperienze, anche in Europa, dove mi recai per acquistare dei macchinari, mi resi conto che costruire capannoni era molto redditizio e con un’impresa di circa 50 operai ho costruito più di 150 mila metri quadri. Da principio utilizzando mattoni poi con l’ausilio dei prefabbricati. Oggi che ho 84 anni continuo a fare capannoni.
Nel 1983 costruii una scuola, su tre piani, di quattro mila metri quadri in un terreno di diciotto mila e la regalai ai Gesuiti. Ora è un istituto professionale di formazione tecnica.
Un altro affare che ho ritenuto di fare nel 1997 è stato quello di acquistare 15 mila ettari di terra in Uruguay e piantare eucalipto, 14 milioni di piante di Eucalipto. Ci ho messo 10 anni. Servono per fare la cellulosa. Li ho venduti ad una ditta americana ottenendo un bel guadagno.
Al giorno d’oggi, se mi guardo indietro, posso dire, con assoluta sincerità, che mi sento veramente affermato e contento. Grazie soprattutto ai miei 13 figli, 58 nipoti e 14 pronipoti. Comunque quello che mi interessa di più e che mi sta veramente a cuore è la possibilità economica di aiutare chi ha bisogno. Infatti, dal 2004 ho istituito la Fondazione Educando con lo scopo di promuovere la lettura nelle scuole più povere, quelle popolari. Il nostro lavoro consiste nel far stampare libri per bambini e ragazzi dai sei ai quattordici anni, come ad esempio il libro Cuore, che regaliamo al Ministero dell’Educazione e quindi allo Stato che li distribuisce. Questi libri formano delle biblioteche, così tutti possono leggere. Fin’ora abbiamo consegnato cinquecento mila libri in tremila scuole.
Per concludere ritengo che scrivere un libro che riguarda i veneti in Cile sia importante perché ci ricordiamo delle nostre origini, infatti, la mia mamma non ha mai voluto imparare lo spagnolo, ma parlava rigorosamente in dialetto bellunese per non perdere il legame affettivo e culturale con la sua Italia.”
JORGE ANDRIGHETTI – BELLUNO
Jorge Angrighetti è nato a Santiago del Cile il 27 gennaio 1962. Ci riferisce: “Sono l’undicesimo di tredici fratelli. Ho vissuto con mio padre Francesco, mamma Ines e la zia Laura, sorella della mamma, oltre ai miei fratelli e sorelle. Vicino a noi abitavano i nonni e quando il nonno Giuseppe morì la nonna Natalia venne a vivere con noi. Visse poco. Mi ricordo che parlava solo in dialetto bellunese e noi parlavamo solo in spagnolo. Così dopo un po’ decise di andare a vivere in Casa di Riposo Italia perché lì aveva degli amici e con loro poteva parlare italiano e sentirsi un po’ a casa. Ci visse per circa due anni. Durante la mia infanzia non ricordo contatti con l’Italia, ma eravamo inseriti nella società cilena. Ho frequentato il Collegio dei Gesuiti al San Ignazio fino ai diciotto anni. Nel 1986 ho conseguito la laurea in Ingegneria Civile all’Università del Cile, e nel ‘89 mi sono specializzato nella Valutazione di Progetti. Dal 1986 al 1998 lavorai come figura professionale dipendente presso l’impresa di costruzioni C.O.M. Limitata, Compagnia Manifatturiera di Carte e Cartoni e Costruttrice Ignacio Hurtado. Mi sentivo cileno. Andavo solo alla Parrocchia Italiana ogni domenica.
Nel 1987 fui contattato dall’Associazione Veneta in Cile che mi invitò ad andare in Veneto nel ‘89. Eravamo invitati tutti noi della famiglia. Mio padre non ci credeva che il viaggio fosse pagato dalla Regione Veneto. Io invece ero fiducioso e detto fatto mi ritrovai in Italia. Eravamo una decina di giovani discendenti veneti che avevamo la possibilità di conoscere la terra dei nostri nonni. Ero molto entusiasta, l’Italia mi è piaciuta subito, soprattutto Cortina d’Ampezzo e Venezia. La gente era affabile, cordiale. Ebbi una sensazione strana, per la prima volta mi sembrava di aver trovato la mia identità. In Cile, in quel momento c’era Pinochet e non c’era molta libertà, mentre in Veneto mi stupii perché si poteva essere liberi, dire ciò che si pensava, esprimere liberamente le proprie idee e fare ciò che si voleva. Mi balenò l’idea di andare a Fonzaso a trovare i miei parenti. Arrivai all’albergo San Antonio e chiesi della famiglia Andrighetti e Marsiglio. Mi indirizzarono dai cugini di mio nonno “il Moro” Andrighetti e Beniamino. Io dissi che ero il nipote di “Sbarega”. Cominciarono ad abbracciarmi e a guardarmi fisso in faccia. Dissero che assomigliavo a mio padre da giovane. È stata un’esperienza meravigliosa, unica, con delle sensazioni che non avevo mai provato. È stata un’esperienza, quella fatta in Veneto, la conoscenza dei miei parenti, i luoghi delle radici che mi hanno fatto cambiare la visione del mondo e della vita.
Nel 1991 mi sono sposato con Maria Cristina Marquez. Fin da subito mi ha seguito e capito nel mio sentirmi “veneto”. Infatti, nel 1992 frequentai un tirocinio presso la Facoltà di Ingegneria di Bologna. E lei venne con me.
Dal 1999 mi dedico all’attività imprenditoriale in proprio, ho iniziato con l’impresa costruttrice Andrighetti Hnos. L’Impresa Costruttrice Castor Ltda e Idromeccanica Hidromec Limitata, poi, presso la mia impresa Metalmecánica Andritec Limitata, attiva nel settore dei trasporti, montaggio, costruzioni e settore minerario.
E mi dedico con piacere e attivamente all’Associazione Imprenditori Veneti in Cile, dove sono membro del Direttivo.”
Tratto dal libro “Destinazione Cile” di Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato ai Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo, in partenariato con l’Associazione Veneta del Cile e l’Associazioni Imprenditori Veneti in Cile. (Tipografia Grafica Corma – Grisignano di Zocco, Vicenza. Maggio 2008)