WALTER MAZZORAN – BELLUNO
L’orgoglio della professionalità veneta e bellunese, in questo caso, ci fa conoscere Walter Mazzoran, ingegnere di Pieve d’Alpago, che ha progettato le opere di carpenteria metallica delle cupole astronomiche e i pilastri di cemento armato che sostengono il più grande telescopio del mondo. Nel bel mezzo del deserto di Atacama, in Cile sul Cerro Paranal. Sono quelle che compongono le quattro strutture del più grande e potente telescopio astronomico del mondo, il Very Large Telescope (Vlt). Ma non solo. A poca distanza dal Vlt c’è il Visibile and Infrared Survey Telescope for Astronomy (Vista), lo strumento che fotografa e fa la mappatura del cielo. Di quest’ultimo telescopio sono nati in provincia di Belluno anche i pannelli di lamiera che lo rivestono esternamente. Nel più arido deserto del mondo, a 1300 chilometri a nord della capitale Santiago, dove non arriva nemmeno un filo della luce artificiale delle città, dove si ode solo il rumore del vento (che soffia anche a 200 chilometri all’ora), dove l’umidità è quasi nulla (meno del 5 per cento) e dove per anni, anzi per decenni, non cadono nemmeno una goccia d’acqua o un fiocco di neve, l’ingegner Walter Mazzoran di Pieve d’Alpago progetta, per conto dell’European Industrial Engeneering di Mestre, opere per l’ente astronomico europeo, l’Eso (European Southern Observatory).
In Cile lui lavora da più di vent’anni e lì è stato almeno quarantacinque volte. Si può dire senza ombra di smentita che Mazzoran sia affetto dal “mal di deserto” e dice: “Sono innamorato di quei tramonti che incendiano il cielo, di quei silenzi e di quelle notti illuminate solo dagli astri e da una luna mai vista così grande. Quando posso noleggio un’automobile e mi reco sul Paranal percorrendo strade rettilinee per chilometri e chilometri, invece di prendere un volo aereo interno da Santiago. Sì, quando smetterò di lavorare mi piacerebbe andare a svernare a La Serena, una città ai confini del deserto, costruita in stile coloniale e abitata da una colonia di trentini giunti lì nel 1949 e che parlano ancora il vecchio dialetto veneto”. Walter Mazzoran, che ha lo studio di ingegneria civile in piazza Castello a Belluno, ha iniziato il suo rapporto con il deserto del Cile nel 1986, quando ha iniziato a progettare (lavorava allora alla Zollet Ingegneria di Santa Giustina) la cupola astronomica in acciaio, il pilastro del telescopio e i fabbricati di servizio per l’Ntt (New Technology Telescope) sul Cerro La Silla, a 600 chilometri a nord di Santiago, dirigendo anche nel cantiere nel deserto i lavori di montaggio delle carpenterie metalliche nel 1988. Iniziava allora la sua collaborazione con l’Eie di Mestre, con cui vinceva nel 1993 l’appalto concorso per la progettazione e la costruzione delle quattro cupole astronomiche del VLT sulla nuova stazione astronomica dell’Eso sul Cerro Paranal. Si tratta di quattro grandi costruzioni circolari che ospitano altrettanti telescopi ognuno con specchio principale di 8,20 metri di diametro che permettono di ottenere al computer un’immagine che è la somma delle rispettive luci.
“Una volta connessi i quattro specchi, attualmente ne sono attivi tre su quattro, chiarisce l’ingegnere, si potrà perfino notare la luce di una candela posata sulla superficie della luna. Evidentemente non si osserva più il cielo attraverso un oculare, ma utilizzando la più moderna tecnologia informatica. Per capire meglio le dimensioni e la portata di questo centro d’osservazione bisogna confrontarlo con quello di Asiago, il più grande d’Italia, che ha un solo specchio da 1,82 metri di diametro”.
Per realizzare il Very Large Telescope è stata tagliata la cima di un monte asportando due milioni di metri cubi di materiale. E su quella piattaforma sono state costruite le quattro corone che sostengono gli enormi specchi del telescopio:“Si tratta di un’opera impegnativa, che ha richiesto notevole impegno in quanto realizzata per sostenere i pesi dei telescopi e delle cupole, spiega l ’ingegner Mazzoran, e in più è ubicata in una delle zone del mondo a più alto rischio sismico”. All’interno della generale impronta veneta, la “mano alpagota” è presente nel Vlt negli infissi particolari, che sono stati prodotti dall’Imea di Paludi di Pieve d’Alpago. “Nei miei progetti, aggiunge, cerco di mettere sempre qualcosa che abbia il marchio dalla mia terra”. Molto Alpago invece c’è nel telescopio “fotografo” Vista (Visibile and Infrared Survey Telescope for Astronomy), le cui opere civili sono progettate da Mazzoran per conto dell’Eie. Questa cupola, anch’essa realizzata sulla cima di un colle che dista poco più di un chilometro dal Very Large Telescope, porta la firma della Isomec per quanto riguarda le lamiere che lo rivestono esternamente e quella delle Carpenterie Romor per parte delle strutture metalliche; entrambe le aziende hanno la sede nella zona industriale di Paludi di Pieve d’Alpago. In più va detto che a dirigere in cantiere le opere civili di questo osservatorio è stato, per i mesi iniziali, Ludovico De Lotto, un giovane ingegnere di 32 anni di San Vito di Cadore, che ha lavorato con Walter Mazzoran per tutto lo sviluppo della fase di progettazione.
Mazzoran continua: “Dal punto di vista lavorativo, il lavoro in Cile rappresenta il massimo dell’ingegneria strutturale. Anche perché hai la possibilità di progettare strutture di questo tipo. Economicamente rientri dalle spese, ma hai la soddisfazione e l’orgoglio nel misurare le tue capacità, competenze e conoscenze, nel confronto con i tecnici del resto del mondo. Per capire l’entità del progetto basti ricordare che il controllore ESO del progetto che stavamo facendo era il titolare della cattedra di Costruzioni dell’Università di Aquisgrana. La direzione lavori era tedesca, generalmente, un italiano, deve dimostrare di essere bravo invece un tedesco o olandese, nel “credere generale” è automaticamente bravo, chiaramente nel settore tecnico. Comunque posso dire che l’essere veneto ti dà una certa credibilità. Per quanto riguarda i lavoratori nel nostro progetto, la manovalanza era cilena e i tecnici italiani, principalmente veneti. Infatti tra di noi in cantiere parlavamo in dialetto veneto. L’impressione che ho avuto del Cile, e che ho tuttora, è che sia il primo paese “europeo” dell’America Latina, in base alla sicurezza, l’ordinamento sociale e all’affidabilità degli uffici pubblici.” (Liberamente tratto da un articolo di Maria Zampieri pubblicato su La Pagina)
Tratto dal libro “Destinazione Cile” di Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato ai Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo, in partenariato con l’Associazione Veneta del Cile e l’Associazioni Imprenditori Veneti in Cile. (Tipografia Grafica Corma – Grisignano di Zocco, Vicenza. Maggio 2008)