FAMIGLIA RIVA – VERONA
Cirillo Riva partì da Velo Veronese nel settembre del 1950 con l’idea che il Cile fosse il territorio ideale per l’agricoltura e il desiderio di poter amministrare grandi estensioni di terreno coltivabile. Dopo sei anni la fidanzata, Iole Righetti, lo raggiunse in Cile e si sposarono nel marzo del 1956. Hanno avuto cinque figli: Luciano (sposato e padre di quattro figli Paolo, Romina, Piero e Fabiola), Gianfranco (sposato con tre figli Caterina, Giannina e Gianluca ), Maria Grazia (sposata con una figlia Maria Jesús), Silvana e Roberto (sposato con tre figli Fiorella, Milena e Franco). Cirillo Riva lavorò all’inizio in diversi campi come amministratore ed anche per un certo periodo nelle miniere del nord. Dopo aver lavorato a Rancagua, trovò lavoro come amministratore in un campo di proprietà di uno svizzero a Bulnes nel sud del Cile. Nel 1969 un sacerdote francese lo comprò per destinarlo a una struttura di aiuto infantile, le Aldeas Infantiles SOS Kinderdorf, ed il signor Riva continuò il suo lavoro di amministratore.
Silvana Riva Righetti racconta: “Ho frequentato la scuola primaria, liceo e l’università in Cile, ma a casa avevamo sempre la nostalgia dell’Italia per questo motivo quando mi sono laureata ho cercato una borsa di studio per ritornare in Italia. Così nel novembre del 1991 sono partita, dopo diciotto anni. Mi sono trovata molto bene ed avevo un’allegria immensa di riscoprire tutta l’Italia che avevo lasciata a sette anni. Sono arrivata a San Martino Buon Albergo dai miei parenti e il primo periodo l’ho trascorso con loro. Viaggiavo tutti i giorni a Brescia all’Istituto dove facevo il Tirocinio della Metodologia Agazziana. Ho conosciuto molta gente e ogni volta che avevo tempo prendevo il treno per continuare a visitare le bellezze di quella magica Nazione, finito il corso ho chiesto al Ministero degli Affari Esteri attraverso il Consolato Italiano a Santiago la possibilità di rinnovare la borsa di studio per l’anno successivo con altri corsi e mi hanno accettata, ma il periodo estivo dovevo arrangiarmi da sola per sopravvivere e così, grazie a delle mie amiche, ho trovato un posto di lavoro in un albergo a Courmayeur, dove ho fatto la stagione estiva ed ho visitato anche tutte quelle montagne e luoghi meravigliosi che c’erano attorno. Nell’ottobre del 1992 sono andata a Roma per sapere se mi rinnovavano la borsa di studio e lì mi hanno detto che dovevo aspettare ancora un po’, intanto ho trovato un altro lavoro a San Martino Buon Albergo con la stagione dei pandori, così mentre aspettavo la risposta ho lavorato per tre mesi ed alla fine di dicembre mi hanno detto che le borse di studio per quel periodo erano tutte sospese per problemi economici. Allora non sapevo cosa fare perché già dal Cile mi avevano fatto un’offerta di lavoro alla Scuola Italiana a Concepción che si apriva a Marzo del 1993, ma il mio desiderio era rimanere in Italia, però con qualche lavoro o corso di studio sicuri, e decisi di ritornare in Cile perché già avevo un impegno con il lavoro nella Scuola .
Con molta nostalgia sono ritornata perché l’esperienza che ho fatto é stata meravigliosa nel riscoprire un’Italia diversa e che grazie ai nostri genitori fa parte della nostra vita.”
Silvana continua con i ricordi più antichi: “Cirillo Riva, che era il fidanzato di mia mamma, è partito per il Cile nel 1950. È partito perché molti suoi amici gli avevano parlato del Cile e lui si era entusiasmato. Nel suo caso trovò quello che cercava: dopo aver parlato con un suo amico che da tempo viveva in Cile, trovò un posto da amministratore di un terreno di grandi dimensioni, 400 ettari. Allora preparò tutti i documenti di cui aveva bisogno, si pagò il biglietto e partì. Un anno prima era partito per il Cile un cognato, così quando
Cirillo arrivò a Valparaíso, dopo un viaggio durato trenta giorni, il cognato lo aspettò al porto e lo portò a casa dalla sua famiglia.
Per un po’ di tempo rimase con loro, per ambientarsi ed imparare meglio lo spagnolo; poi trovò un posto da amministratore e si trasferì nel nuovo terreno. La gente era molto buona e rispettosa, i lavoratori ben disposti a lavorare, ma col tempo si accorse che qualcuno si portava delle bottiglie di vino che poi beveva con gli altri di nascosto e il lavoro non andava molto bene. Imparò a sorvegliare con più disciplina e, a poco a poco, i lavoratori capirono quel che lui continuava a ripetere, “niente alcool al lavoro”, e che solo quando non lavoravano potevano bere.
Cirillo Riva cambiò vari posti di lavoro, sempre restando nell’ambito dell’amministrazione di terreni, e dopo sei anni che era in Cile andò con la sorella, che era sposata con un italiano amministratore di terreni, al porto di Valparaíso per ricevere la fidanzata Iole, che arrivava dall’Italia, in nave, per sposarsi in Cile e formare una famiglia. Siamo nel febbraio del 1956. Da quella famiglia sono nati cinque figli, tre maschi e due femmine, tra cui io, Silvana.
La mia famiglia si è in parte adeguata al modo di vivere cileno, anche se non mancano mai elementi italiani, per esempio nel “parlare”, nell’alimentazione, nelle canzoni che canticchia mia mamma, che ogni tanto suona anche la fisarmonica, e così anche noi figli impariamo.
I racconti, le storie, i ricordi dei parenti erano sempre presenti tra di noi, e allora tutti avevamo un gran desiderio di conoscere i parenti italiani e l’Italia. Arrivò il momento in cui abbiamo potuto trasformare questo desiderio in realtà: i lavoratori del terreno di Bulnes presero il controllo del fondo, a seguito della riforma agraria, e mio papà rimase senza lavoro. Hanno deciso allora che era meglio vendere tutto, lasciare il Cile e tornare in Italia. Nell’agosto del 1972 siamo partiti e siamo rimasti in Italia poco più di un anno dal momento che nel dicembre 1973 siamo ripartiti per il Cile perché il fondatore delle Aldeas Infantiles Sos aveva offerto un lavoro migliore a papà.
I miei fratelli ed io ci siamo sforzati molto, sia nella lingua sia nella scuola che abbiamo frequentato. Lo sforzo ci ha premiati e in poco tempo abbiamo imparato anche il dialetto. Tutte le domeniche andavamo a trovare il nonno a Velo e lì ci incontravamo con cugini e zii e tutti erano molto affettuosi.
Siamo rimasti in Italia un anno e mezzo, poi però il desiderio di tornare in Cile, che avevano i miei fratelli maggiori, il nuovo lavoro di papà e le nuove leggi cilene che favorivano l’agricoltura, ci hanno spinti a tornare nello stesso posto dove avevamo vissuto e il papà ricevette di nuovo il lavoro di amministratore delle stesse terre che avevamo lasciato.
La nostra comunque è stata un’esperienza molto forte che ci ha fatto maturare in fretta.
Adesso la storia continua con i miei nipoti, perché loro frequentano la Scuola Italiana a Concepción e con gli zii e la nonna vivono tutte le esperienze italiane.”
Tratto dal libro “Destinazione Cile” di Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato ai Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo, in partenariato con l’Associazione Veneta del Cile e l’Associazioni Imprenditori Veneti in Cile. (Tipografia Grafica Corma – Grisignano di Zocco, Vicenza. Maggio 2008)