MARTA BONIVENTO in BOTTO – VENEZIA
Marta racconta.“Sono nata a Venezia in Campo San Boldo il 21 novembre 1931. Ho frequentato la scuola dalle Suore di Nevers, elementari e medie , poi la mia famiglia si é trasferita a Milano ed ho frequentato il liceo scientifico dalle Madri Benedettine, infine la facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Dopo i primi anni di studio cominciai a lavorare per una impresa di ricerche di mercato. Viaggiavo per tutta l’Italia sopratutto al Sud per intervistare donne di tutte le condizioni sociali nei capoluoghi di provincia, in città minori e piccoli paesi. Si discuteva molto a quell’epoca, come ora, riguardo alla situazione del mezzogiorno; così decisi di preparare la mia tesi su un argomento relativo ai problema del sud. Il professore scelto fu Gianfranco Miglio. Pochi giorni dopo mi fece sapere che se volevo “patrocinava” la mia tesi, ma dovevo sapere che per lui l’Italia arrivava solo fino a Firenze. L’amica che mi trasmise il messaggio mi consigliò di cambiare tesi o professore. Molti anni dopo quando Miglio apparve come il mentore di Bossi e ideologo della Padania, capii il mio errore.
Cosi venni in Perù. Ho tre sorelle, la maggiore viveva da qualche anno a Lima, sposata con un italiano che aveva vissuto in Perù prima della guerra. Lei ci invitava spesso ad andare a trovarla e così decisi di rimandare il cambio di tesi o di professore e mi imbarcai. La prima intenzione era di rimanere per sei mesi, poi trovai lavoro. Cominciai a scrivere notizie dall’Italia sulla rivista peruviana “Il Mondo”. Il Perù mi piaceva. Mia sorella Marisa conduceva alla radio un programma di canzoni italiane e per venticinque anni diffuse attraverso la radio e poi la televisione le nuove canzoni italiane. Mio cognato Umberto Capanni era figlio dell’ultimo Ambasciatore italiano precedente alla dichiarazione di guerra con il Perù, nel 1942. Il padre era stato amico di Manuel Prado allora presidente del Perù.
Umberto ritornò in Italia per presentarsi come volontario, combatté per la Repubblica di Salò. Il dopoguerra si presentò problematico per lui. Sposò Marisa nel ‘51 e vennero subito a Lima, dove abitavano sua madre e suo fratello. Io arrivai nel 1959. Il Perù mi affascinò e poco dopo mi “conquistò” un italo-peruviano. Un medico pediatra che sposai a Milano nel 1962. Tornai in Italia solo per sposarmi e da allora vivo a Lima.
Conosco tutto il Perù. Ho viaggiato molto in tutto il Sud America. Ho un figlio che é medico pediatra come suo padre e suo nonno.
Dimenticai la questione del mezzogiorno. Ma quando mio figlio iniziò la scuola, avevo molto tempo libero e così decisi di tornare all’università. Mi sono laureata in Sociologia all’Università Cattolica, questa volta a Lima. Grazie ai miei studi, alla conoscenza della storia, delle vicende e della società di questo Paese, ho lavorato per lo Stato Peruviano, al Ministero dell’Industria.
La famiglia di mio marito, Orestes Botto Rada, come la maggior parte dei vecchi immigrati italiani, era di origine ligure.mOrestes è morto nel 1995.
Come ho già detto, ho un figlio, Carlo, e tre meravigliose nipotine, una di sei anni che frequenta già la scuola italiana e due gemelle di tre anni: Laura, Adria e Carla.
Mio figlio è nato nel 1963, è pediatra e si specializzato in Svizzera e in Perù in neuro pediatria, lavora nello stesso ospedale e nella medesima clinica dove lavorava suo padre, quando aveva 11 anni l’ho portato a Venezia la prima volta. Ricorda quel viaggio come un pellegrinaggio. Siamo andati a visitare la casa dove sono nata, la scuola che ho frequentato, dove giocavo, dove abitavano le mie zie e mia madre. Mio figlio ha vissuto a Venezia qualche mese e ha seguito uno stage di neurologia a Padova.
Non tornerei a vivere in Italia, penso che una persona della mia età debba vivere dove ha passato la maggior parte della sua vita da adulta. La sorella che mi ha “trascinato” in Perù ora vive in Venezuela. Si sono trasferiti quando le cose andavano male in Perù ed ora se ne sono pentiti.
Ho due sorelle a Milano, vado spesso da loro, anche quest’anno son stata da giugno a settembre. Ho trascorso un’estate con loro sulla Riviera, in Costa Azzurra e cinque settimane a Pantelleria. Una di loro, vedova pure lei, viene qui quando fa freddo a Milano, anche a lei ora piace il Perù.
Non ho mai perso l’accento italiano. Con le mie sorelle parliamo ancora in dialetto. Ho una grande nostalgia di Venezia e ogni volta che vado in Italia passo qualche giorno nella mia meravigliosa città. Anche quest’anno sono andata per visitare la Biennale d’Arte.
Mi é mancata molto la cultura europea, il teatro, l’Opera e moltissimo i libri italiani. Qui, a differenza di molte capitali latino americane, non esiste una libreria italiana, né chi importi libri e riviste. Anni fa, ho cercato di aprire una libreria, ma non ci sono riuscita. Ora le comunicazioni sono molto avanzate, Rai International mi tiene al corrente di quello che succede, ma ci furono periodi nei quali dovevo andare in un’edicola che raccoglieva due volte alla settimana i giornali usati che arrivavano con Alitalia. Ho letto i romanzi di Umberto Eco, in spagnolo, prima di averne una copia italiana. Ora le cose sono cambiate e non è più necessario insistere perché l’Istituto Italiano di Cultura cerchi di avere una buona e moderna biblioteca. Anche internet ci aiuta.”
CARLO BONIVENTO – VENEZIA
Marta ci racconta del padre. “Vorrei parlare di un veneziano, che benché sia vissuto a Lima solo cinque anni, dove purtroppo è venuto a mancare, ha amato molto questo Paese. Si tratta di mio padre.
Si occupava di conserva di pesce. Era proprietario di una fabbrica di anguille marinate a Venezia, due a Burano, durante la guerra, dove friggevano e conservano in salamoia tonnellate di pesce lagunare che spedivano in tutta Italia, in latte di 20 kg. Poi in barilotti di legno. Quando a causa della guerra non gli assegnarono la latta, dopo la guerra, acquistò due capannoni a Chioggia.
Soffriva d’asma bronchiale che con il passare del tempo peggiorava. Questa malattia lo costrinse a rinunciare al suo lavoro. Tutti gli amici italo peruviani che venivano a visitarci e portarci notizie dal Perù, ci dicevano che il clima di Lima era molto negativo per gli asmatici, per questo io mi sposai in Italia.
Mio padre aveva sempre desiderato un figlio, considerava che noi ragazze non eravamo adatte a trattare con operai e pescatori. Le mie tre sorelle ebbero tutte bambine, aveva sette nipotine, quando io ebbi il primo maschio della famiglia venne in Perù per conoscerlo.
Lima gli offrì una meravigliosa sorpresa. L’asma di mio padre sparì dopo qualche settimana, evidentemente l’umidità non era la causa, d’altronde Venezia era abbastanza umida.
Mio padre decise che non sarebbe più ritornato in Italia, causando un enorme dispiacere a mia madre, alla quale l’idea di vivere qui non piaceva, ma oramai aveva due figlie a Lima e due a Milano, quattro nipoti a Lima e cinque a Milano. Marisa nel frattempo ebbe un altro figlio, e così i due maschi erano a Lima. Poi se aggiungiamo il fatto che in Perù si usa anche il cognome della moglie per cui i suoi nipoti erano anche Bonivento e mio padre ne era felice.
Ricominciò a interessarsi al pesce. Rimase sorpreso del fatto che in un paese tanto ricco di pesca non ci fossero industrie conserviere e che l’enorme quantità di acciughe pescate si sprecasse solo in farina di pesce per gli animali. Cominciò a studiare la varietà di acciughe e di un altro pesce che assomigliava alle aringhe. Dimostrò che le acciughe peruviane erano perfettamente adatte alla conservazione e salagione. Fu il primo a sfilettare acciughe per offrirle ai negozi italiani e alle pizzerie. Fece caviale simile al caviale tedesco con le uova di Pejerrey.
Il Ministero della Pesca dove si rivolse per raccomandare il consumo di acciughe per ridurre la denutrizione, gli offrì un capannone nella zone del Callao, personale per il lavoro e una certa quantità di acciughe fresche non schiacciate. Era felice e sembrava ringiovanito. Diceva che se fosse venuto dieci anni prima le pizzerie di tutto il mondo avrebbero consumato acciughe peruviane.
Purtroppo il mercato del pesce di Callao non era un posto adatto a lui e contrasse una terribile epatite che si complicò. Morì nel 1972 e tuttora riposa nel cimitero El Angel.
Il Ministero della Pesca conservò un Progetto Bonivento che però non ebbe seguito.
Tratto dal libro “Destinazione Perù” degli autori Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo (Camisano Vicentino (Vicenza), Tipografia Ga.Bo, Marzo 2010).