Gianfranco Dominici – Breda di Piave – Treviso
Durante la nostra permanenza, Amalia, la Presidente dell’Associazione Veneti nel Mondo-Perù, ci parla di un uomo d’affari sempre molto impegnato, che ha dato particolarmente lustro al Veneto in Perù, soprattutto con il suo ristorante, dove si ritrovano gli italiani. Si beve un caffè veramente buono, oltre a gustare pietanze speciali. Quando arriviamo al locale, ci guardiamo in giro e vediamo che è molto affollato. Chiediamo del proprietario e gentilmente dopo un po’ arriva. Un uomo di carattere. Trafelato e indaffarato. Indispensabile nella sua attività. Cercando di rubargli meno tempo possibile, ci facciamo raccontare qualche cosa di lui e della sua vita tra l’Italia e il Perù.
“Sono nato nel ‘37 a Breda di Piave, in provincia di Treviso. In famiglia siamo cinque fratelli: Romano, Paolo, Claudio, Adriana ed io. L’infanzia l’ho trascorsa in guerra. Ho un ricordo indelebile di quel periodo. I partigiani che hanno ucciso un tedesco, impiccandolo per i piedi e con la testa dentro la vasca degli escrementi delle mucche.
Vivevamo in estrema povertà, anche se mio padre era ingegnere e Direttore dell’aeroporto di Venezia e nel dopoguerra anche di quello di Milano.
La mamma, Irma, era casalinga, una donna straordinaria. Posso dire con tutta onestà che i miei genitori mi hanno insegnato i valori veri che un essere umano deve possedere: l’onestà, il rispetto, il senso del dovere e il senso del risparmio.
A diciassette anni decisi che volevo un’automobile. Ho acquistato un salvadanaio, a dire la verità era un bidoncino e ho iniziato a risparmiare su tutto per un anno intero. Ho messo da parte tutte le monete che avevo, non uscivo la sera, non andavo al cinema, non avevo praticamente diversivi. Sono riuscito ad acquistare la mia prima FIAT 500, blu. Guai a chi me la toccava. Si può dire che vivevo con lei, ci facevo di tutto in auto, a volte anche dormire.
Il mio sogno era di diventare pilota, ma mio padre morì che avevo diciassette anni e quindi fui costretto ad andare a lavorare, visto che ero il maggiore dei fratelli. Anche mia madre andò a lavorare. Ero diventato l’uomo di casa e quindi con mia madre abbiamo deciso di sistemare i fratelli in collegio perché potessero continuare gli studi. Il mio primo lavoro fu di addetto delle pulizie alla LAI (Linee Aeree Italiane). Poi, date le mie qualità, riuscii a diventare telefonista telescriventista. Trascorrevo dalle otto alle dieci ore al giorno seduto davanti ad una grande macchina da scrivere in un ufficio dove c’erano altre persone che mi portavano i dati, ad esempio di un aereo che partiva, il contenuto, le merci, l’equipaggio, i passeggeri, insomma tutto ciò che c’era in un aereo e che serviva conoscere. Un anno e mezzo dopo ero diventato il più veloce del mio settore e il comandante Baggi mi aumentò di grado mandandomi al reparto prenotazioni.
Facendo una riflessione, ora che ci sono i computer, mi sembra che il sistema sia più lento di quando noi lavoravamo manualmente, probabilmente perché ai miei tempi c’era molto meno traffico aereo e meno passeggeri. Mi ricordo di un grande tavolo girevole con tante caselle, a ogni casella corrispondeva un numero di volo. Ho ancora nelle orecchie e ben stampato nel cervello il numero di volo Milano – Zurigo: AZ446.
Dopo un po’ sono diventato Aiutante di Caposcalo, era un’ulteriore promozione e dopo due anni e mezzo ero il più giovane Caposcalo d’Italia, avevo ventisei anni. Tutta la mia carriera si è sempre svolta alla Malpensa.
Pian piano avevo imparato come funzionava il meccanismo aeroportuale dell’acquisizione delle merci. Iniziai così a pensare di mettermi in proprio in quel settore. Aprii un’impresa che si chiamava SPEEDTRANSPORT con sede a Milano. Venni a conoscenza dell’apertura delle importazioni in Perù e nel 1980 andai a vedere cosa si poteva fare il quel paese; mia moglie venne con me. Aprimmo un ufficio importazioni delle merci che provenivano dall’Italia. Importavamo di tutto. Siccome nella mia lunga esperienza avevo già lavorato in cinquantanove paesi, ero abituato a girare e l’arrivo in Perù fu per me un semplice viaggio di lavoro.
La prima cosa che notai fu che questo paese aveva poca burocrazia. Mia moglie volle provare ad aprire un negozio di abbigliamento griffato. La cosa funzionò e nel giro di un anno ne aprimmo altri due a Lima, nel quartiere di Miraflores. Gli affari andavano a gonfie vele e continuammo ad investire in Sud America. Abbiamo anche cambiato settore, io mi sono occupato di gelaterie. Producendo gelato artigianale e caffè. Ho prodotto una miscela veramente speciale.
Gli ultimi cinque anni abbiamo ricevuto il primo premio per il miglior caffè peruviano. Ho iniziato ad essere relatore nelle conferenze che riguardavano il caffè e ad Atlanta ho spiegato come fare il caffè partendo dalla terra ed arrivando alla miscela. Ora questo settore mi sta dando molta soddisfazione.
Tratto dal libro “Destinazione Perù” degli autori Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo (Camisano Vicentino (Vicenza), Tipografia Ga.Bo, Marzo 2010).