Dorina Maria Manzetto Giollo in Ballotta – Adria – ROVIGO
Una signora che ha i segni del tempo sul viso, gioviale e sorridente, comincia a raccontare con sicurezza le molte vicissitudini di una vita piena di emozioni forti.
“Sono nata ad Adria, in provincia di Rovigo, nell’aprile del 1935. Da piccola ho sempre sognato di conoscere l’America Latina perché mio padre portava a casa degli splendidi libri pieni di fotografie colorate che immortalavano dei paesaggi splendidi della Terra del Fuoco. Mi ricordo il Venezuela e immergendomi nelle fotografie meravigliose facevo viaggi fantastici con la fantasia sfogliando le pagine.
In casa nostra ognuno aveva le proprie mansioni, io lavavo i piatti e cucinavo. In famiglia eravamo tre sorelle, due fratelli e nostro padre, la mamma era mancata molto giovane. A me però non bastava sbrigare le faccende domestiche, volevo essere indipendente economicamente e guadagnare. Incomincia a fare la commessa. Avevo sedici anni. Non fu facile trovare lavoro, ero magrolina e non mi prendeva nessuno. Così finii da mio zio Umberto che aveva un negozio di ferramenta, anche se devo dire sinceramente che il lavoro non mi piaceva molto. La zia ricamava ma io non ho mai voluto imparare. Sinceramente ho sempre avuto un sogno nel cassetto, fin da piccola, mi sarebbe piaciuto fare “l’intellettuale”, stare in mezzo ai libri, leggere, studiare. Ma non ho potuto permettermelo. Tornado alla commessa, ho lavorato fino ai diciotto anni, la paga non era un gran che. Con i soldi che guadagnavo, mi compravo qualcosa per me e andavo al cinema. Un giorno mio padre stava passando per caso davanti al negozio dove lavoravo e mi vide mentre stavo caricando una cassa pesante in un camion. Fu il mio ultimo giorno di lavoro al negozio. Visto che ero minuta, non voleva che facessi lavori pesanti.
Dopo poco tempo che ero a casa, mi ingegnai per fare un altro lavoro. All’epoca andava di moda il ricamo a macchina. Allora comprai quattro macchine da ricamo usate da altrettante ragazze. Ricamavamo tende, lenzuola, bluse, e tutto a casa mia, dove avevo una stanza adibita a laboratorio. Dopo poco tempo, appena si era sparsa la voce avevo così tanto lavoro che dovevo alzarmi alle quattro del mattino per soddisfare tutte le commesse. Dopo un po’ subappaltai il lavoro manuale a un’amica. Io prendevo le richieste e organizzavo il lavoro. Iniziai a guadagnare bene. I clienti si facevano sempre più esigenti, dopo tre anni di lavoro intenso ero stanca e mi dedicai completamente alla famiglia.
Dopo poco conobbi Giovanni Ballotta. Un giorno un amico comune ci presentò. Subito mi sembrò un po’ antipatico. Era molto intelligente, abbiamo cominciato a frequentarci e ci siamo innamorati senza accorgersene. Eravamo già fidanzati quando Giovanni decise di emigrare in Perù perché suo padre aveva un amico, Scarpari, che lavorava lì e gli chiese di andare a lavorare con lui perché aveva il diploma di ragioniere. Io rimasi in Italia con la promessa che ci saremmo sposati.
Dopo poco, arrivò una lettera dal Perù, dove Giovanni, in ben quattro fogli chiedeva a papà la mia mano. Purtroppo mio padre non era d’accordo, ma quando mi vide che ero molto innamorata e decisa a raggiungere Giovanni, arrivammo a un compromesso. Giovanni si spostò da Saipai, nella foresta a Lima. Mi sposai per procura con il papà di Giovanni. Partii e nel 1960, da sola, sulla nave Amerigo Vespucci. Il viaggio durò vent’otto giorni. Mi ricordo di un tremendo mal di mare che non mi lasciava tregua. Ad un certo punto il comandante voleva farmi sbarcare vedendo le mie condizioni ed anche perché ero diventata ancora più magra. Non riuscivo a mangiare niente ero arrivata a quarantacinque chili. Quando la nave stava per avvicinarsi al porto di Lima, il capitano venne a chiamarmi di corsa perché disse che c’era un matto che stava gridando a squarciagola il mio nome. Mi affacciai sul ponte e vidi che era Giovanni con una barca in mezzo al mare, vicino alla nostra nave, stava urlando perché l’Amerigo Vespucci dovette aspettare molte ore prima di entrare in porto e attraccare.
Il mio primo impatto con il Perù fu disastroso. Salirono sulla nave dei commissari d’emigrazione e cominciarono a farmi delle domande in spagnolo. Io non capivo niente e allora s’innervosirono e incominciarono ad alzare la voce. Per fortuna una signora che parlava sia l’italiano sia lo spagnolo, Fonola Gandini Rachele, venne in mio aiuto e mi dette anche dei consigli preziosi sulla vita in Perù. Dopo due anni è nato il nostro primo figlio Marco, ma ci furono dei problemi, così decisi di far nascere il secondo figlio, Claudio in Italia e poi ritornammo”.
Dorina si lascia andare ad alcune considerazioni. “L’Italia mi è sempre mancata molto, soprattutto le amicizie che avevo coltivato, la gente che frequentavo, qui, mi sentivo un po’ emarginata, con poche amicizie peruviane. Non ho mai potuto avere una vera amica. Mi sono sempre dedicata ai miei figli, alla mia famiglia. Dal punto di vista paesaggistico, quando arrivai, mi aspettavo più vegetazione, invece ho avuto l’impressione di un paesaggio brullo. Sinceramente io volevo ritornare in Italia, ma mio marito si sentiva in obbligo con il Perù che gli aveva dato tanto. Da sette anni sono vedova e non me la sento, da sola, di ritornare, dovrei integrarmi di nuovo. Comunque per sentirmi ancora attiva ora mi occupo della vendita di cosmetici a domicilio, così mi passo il tempo, guadagno qualcosa e sono sempre a contatto con gente giovane. Ho quattro nipotini, ai quali auguro che abbiano rispetto per la vita e crescano come persone rispettabili. Mi ricordo che mio padre mi diceva: “Prima di tutto devi rispettare te stessa così poi ti rispetteranno anche gli altri”. Inoltre auguro loro che si formino una buona cultura, con la quale ti senti “protetto”. Secondo me al giorno d’oggi le cose vanno troppo in fretta e si stanno perdendo man mano i valori veri, come ad esempio l’onestà. Io sono una persona cattolica, credente e la fede mi aiuta ad andare avanti.
Tratto dal libro “Destinazione Perù” degli autori Flavia Colle e Aldo Rozzi Marin, pubblicazione promossa dalla Regione del Veneto, Assessorato Flussi Migratori e realizzata dall’Associazione Veneti nel Mondo (Camisano Vicentino (Vicenza), Tipografia Ga.Bo, Marzo 2010).